Geistig tot zu sein ist das schrecklichste Los, sowohl auf Erden als auch im Jenseits. Auf Erden spürt der Mensch dieses Los nicht, solange er sich an den Freuden der Welt schadlos hält, d.h. über diesen seine Seele vergißt und also auch des leblosen Zustandes dieser sich nicht bewußt ist. Denn nur seine Seele ist davon betroffen, während der Körper sich irdische Genüsse schafft, solange er lebt, und die Untätigkeit der Seele, ihre Kraftlosigkeit nicht empfindet. Erst so die Seele ins jenseitige Reich eintritt, so sie die körperliche Hülle abgelegt hat, kommt ihr die Kraftlosigkeit zum Bewußtsein und mit ihr das entsetzliche Los, das sie nun auf sich nehmen muß, weil sie das Erdenleben nicht dazu genützt hat, den Geist in sich zum Leben zu erwecken. Nun ist ihr die Gelegenheit genommen, sie kann nicht mehr aus eigener Kraft tätig sein, sondern ist in einem Zustand völliger Ohnmacht, aus dem sie sich nicht selbst befreien kann. Ihr fehlt jegliches Wissen, sie ist in völlige Dunkelheit gehüllt, lichtlos ist ihre Umgebung, ihr Seelenzustand, und daher ist sie auch gänzlich unfähig, in Liebe zu wirken, denn dieses erfordert Wissen, und Wissen ist Licht.... Es werden diese Seelen zwar auch im Jenseits noch betreut von den Lichtwesen, doch da sie auf Erden schon alles ablehnten, was in das geistige Reich hinwies, so sind sie auch den Vorstellungen dieser Lichtwesen nicht zugänglich, und sie verharren oft in größter (Entsagung) Dürftigkeit, in einem erbarmungswürdigen Zustand, Ewigkeiten hindurch in der gleichen Finsternis. Und solange sie nicht liebend sich betätigen wollen im Jenseits, wird auch die Kraftlosigkeit nicht von ihnen weichen, weil Liebetätigkeit erst die Kraftzufuhr auslöst und die Liebetätigkeit aber wieder erst im freien Willen ausgeübt werden muß und dieser Wille oft bis aufs tiefste gesunken ist durch den Einfluß des Gegners von Gott.... Auf Erden steht dem Menschen die Lebenskraft zur Verfügung, so daß er seinen Geist jederzeit zum Leben erwecken kann. Er kann den Zustand des Todes jederzeit beenden, er kann liebetätig sein, weil ihm dazu die Lebenskraft zur Verfügung steht. Und sowie er liebetätig ist, erwacht sein Geist zum Leben, und es bedeutet dies Licht- und Kraftempfang. Der geistig tote Mensch weiß nichts von Dingen des geistigen Reiches, er weiß nichts vom Walten und Wirken Gottes, von Seiner Liebe und Weisheit und Allmacht, er weiß nichts von seinem Tiefstand, von seiner einstigen Bestimmung und seinem Abfall von Gott; und diese Unkenntnis macht ihn zu einem geistig untätigen Geschöpf, denn es kann nicht wirken seiner Bestimmung gemäß, sondern ist zur Untätigkeit verdammt, weil es sich selbst nicht davon befreit. Der geistig tote Mensch läßt nichts auf sich einwirken, was ihn umgibt, er sieht nur mit den Augen des Körpers, und sein irdisches Leben sucht er in jeder Weise auszuleben, ungeachtet des Geistes, der ihm als Begleiter beigegeben ist, um ihn recht zu leiten. Und es kann der Mensch am Ende seines Lebens auf ein langes, irdisch genossenes Leben zurückblicken und doch tot sein im Geist, und es ist dieser Tod weit schlimmer als das nun eintretende Ableben seines Körpers, denn seine Seele vergeht nicht, sie geht durch das Tor des Todes ein in das jenseitige Reich, sie ist sich ihres Seins bewußt und doch völlig kraft- und lichtlos, ohnmächtig zum Handeln und in völlig finsterer Umgebung, und sie empfindet dies ungewöhnlich qualvoll, weil sie den zuvorigen Zustand des Lebens auf der Erde, wo sie wirken und handeln konnte nach ihrem Willen, nun begehrt mit allen Sinnen und ihr keine Erfüllung wird. Sie ist tot und hat doch das Bewußtsein ihrer Existenz, sie ist kraftlos und weiß um das Glück, Kraft zu besitzen; sie ist unwissend und hat daher kein Mittel, sich aus ihrem Zustand zu befreien, denn sie kann im Jenseits nur etwas empfangen, so sie selbst gibt.... Der Mensch auf Erden kann sich von den Qualen einer geistig toten Seele keine Vorstellung machen, weil er noch inmitten der Lebenskraft steht, die er so lange beziehen kann, wie er auf Erden weilt, und weil er tätig sein kann nach seinem Willen. Und es bedeutet auf Erden schon großes Leid und Trübsal, wenn ein Mensch dieser Lebenskraft teilweise beraubt wird, er also durch Krankheit unfähig wird, zu wirken und zu schaffen.... Dieser Zustand im vielfach verstärkten Maße ist das Los derer, die geistig tot in das jenseitige Reich hinübergehen, die den Geist in sich nicht zum Leben erweckten durch recht genützte Lebenskraft, durch Wirken in Liebe, die auf Erden lebten, ohne geistig zu leben, weil sie das irdische Leben zu hoch einschätzten und ihres eigentlichen Zweckes nicht gedachten, der darin besteht, sich zu formen nach Gottes Willen, auf daß der Geist in ihnen lebendig werde und ihre Aufwärtsentwicklung fördern kann....
Amen
ÜbersetzerEssere morto spiritualmente è la sorte più orrenda, sia sulla Terra che anche nell’aldilà. Sulla Terra l’uomo non sente questa sorte, finché si tiene senza danno alle gioie del mondo, cioè se dimentica su queste la sua anima e quindi non si rende conto dello stato senza vita di questa. Perché di ciò è colpita soltanto la sua anima, mentre il corpo si crea dei godimenti terreni finché vive, e non sente l’inattività dell’anima, la sua assenza di forza. Soltanto quando l’anima entra nel Regno dell’aldilà, quando ha deposto l’involucro corporeo, si rende conto della sua assenza di forza e con questa l’orrenda sorte, che ora deve prendere su di sé, perché non ha utilizzata la vita terrena per risvegliare in sé lo spirito alla vita. Ora le è stata tolta l’occasione, non può più essere attiva con la propria forza, ma si trova in uno stato di totale impotenza, dal quale non può liberare sé stessa. Le manca ogni sapere, è avvolta in totale oscurità, il suo ambiente è buio come lo stato della sua anima, e perciò è anche del tutto incapace di agire nell’amore, perché questo richiede sapere ed il sapere è Luce. Queste anime vengono curate anche nell’aldilà da esseri di Luce, ma dato che già sulla Terra hanno rifiutato tutto ciò che indicava al Regno spirituale, allora non sono nemmeno aperte alle rappresentazioni di questi esseri di Luce e sovente rimangono nella più grande indigenza, in uno stato commiserevole, per delle Eternità nella stessa oscurità. E finché non si vogliono attivare con amore nell’aldilà, anche l’assenza di forza rimarrà, perché l’attività d’amore fa scaturire l’apporto di Forza e l’attività d’amore però deve di nuovo essere esercitata soltanto nella libera volontà e questa volontà sovente è sprofondata molto in basso attraverso l’influenza dell’avversario di Dio. Sulla Terra all’uomo è a disposizione la forza vitale, in modo che possa risvegliare in ogni momento lo spirito alla vita. Può terminare lo stato di morte in ogni istante, può essere attivo nell’amore, perché per questo è a sua disposizione la forza vitale, Ed appena si attiva amorevolmente, il suo spirito si risveglia alla vita, e questo significa ricevere Luce e Forza. L’uomo spiritualmente morto non sa nulla delle cose del Regno spirituale, non sa nulla dell’Opera ed Agire di Dio, del Suo Amore e Sapienza ed Onnipotenza, non sa nulla del suo stato basso, della sua destinazione futura e della sua caduta da Dio; e questa ignoranza lo rende una creatura spiritualmente inattiva, perché non può agire secondo la sua destinazione, ma è condannato all’inattività, perché lui stesso non se ne libera. L’uomo morto spiritualmente non lascia influire nulla su di sé di ciò che lo circonda, vede soltanto con gli occhi del corpo, e cerca di vivere la sua vita terrena in tutti i modi, trascurando lo spirito che gli è stato dato come accompagnatore, per guidarlo nel modo giusto. E l’uomo alla fine della sua vita può guardare indietro ad una lunga vita terrena goduta e ciononostante il suo spirito è morto, e questa morte è di gran lunga peggiore che ora il decesso del suo corpo, perché la sua anima non muore, attraversa la porta della morte nel Regno dell’aldilà, è cosciente del suo essere e malgrado ciò totalmente senza forza e luce, impotente ad agire ed in un ambiente totalmente oscuro, e percepisce questo in modo insolitamente tormentoso, perché ora desidera lo stato precedente della vita sulla Terra, dove poteva operare ed agire secondo la sua volontà, con tutti i sensi e non le viene nessuna soddisfazione. E’ morto ed ha lo stesso la consapevolezza della sua esistenza, è senza forza e sa della fortuna di possedere la forza; è ignorante e perciò non ha nessun mezzo di liberarsi da questo stato, perché nell’aldilà può soltanto ricevere qualcosa come lui stesso dà. L’uomo sulla Terra non può immaginare i tormenti di un’anima spiritualmente morta, perché si trova ancora in mezzo alla forza vitale, che può trarre finché sta sulla Terra, e perché può essere attivo secondo la sua volontà. E già sulla Terra significa una grande sofferenza e tristezza, quando un uomo viene derubato parzialmente di questa forza vitale, che quindi a causa di malattia è incapace di agire e di creare. Questo stato in misura molto più grande è la sorte di coloro che passano spiritualmente morti nel Regno dell’aldilà, che non hanno risvegliato lo spirito in sé alla vita mediante una forza vitale utilizzata giustamente, mediante un agire d’amore, i quali vivevano sulla Terra senza vivere spiritualmente, perché hanno dato troppo valore alla vita terrena e non hanno pensato al loro vero scopo, che consiste nel fatto di formarsi secondo la Volontà di Dio, affinché lo spirito in loro diventi vivo e che possa promuovere il loro sviluppo verso l’Alto.
Amen
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