2148 L’indulgenza verso la debolezza del prossimo
11 novembre 1941: Libro 31
E’ saggio colui che non s’inquieta delle debolezze del prossimo, perché coloro che lo fanno sono deboli loro stessi e soccombono ad una prova che è stata posta loro per mettere alla prova la loro pazienza e forza di volontà. Perché nel superare sé stesso è la forza e chi è quindi forte, non si agiterà della debolezza del prossimo, non lo renderà scoraggiato e non sarà motivo per l’impazienza. E chi si educa alla tolleranza, potrà convincere anche il prossimo quando costui sbaglia e quindi eserciterà una buona influenza su di lui; ma non lo otterrà mai finché il suo essere è agitato, perché questo fa scaturire anche agitazione nel prossimo e lo determina alla contraddizione. Agli uomini non può essere predicata abbastanza la pazienza e devono sempre avere il dominio su di sé affinché non conquisti potere si di lui il potere che vuole la sua retrocessione spirituale. L’uomo è in quel pericolo appena diventa debole, perché l’avversario di Dio sfrutta la debolezza per portare l’uomo alla caduta. Lo vorrebbe indurre all’agire e pensare disamorevole e spesso basta un minimo motivo e raggiunge la sua meta. Perciò è d’obbligo costante vigilanza ed un costante lottare con sé stesso. Nella lotta con sé l’uomo si rinvigorisce, la lotta contro il prossimo lo rende debole. A questo dovrebbe pensare ognuno e comportarsi di conseguenza, quando arriva in una situazione in cui viene messo alla prova. La sua dev’essere una lotta solo contro il disamore, altrimenti deve ascoltare pazientemente ciò che lo stimola a contraddire. Interiormente diventerà forte e giudicherà con indulgenza la debolezza del prossimo e con ciò maturerà spiritualmente, perché solo attraverso il superamento di sé stesso l’uomo progredisce nel suo sviluppo verso l’Alto.
Amen
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